Nel nostro paese emerge un basso livello di empowerment femminile che inevitabilmente ha delle conseguenze sull’economia e sulla società.
L’indipendenza economica femminile deve diventare un valore sociale condiviso come impegno e responsabilità tanto dalle donne quanto dagli uomini, per vivere insieme al meglio e con maggiore consapevolezza del potenziale di ognuno di noi.
Innanzitutto abbiamo un livello di occupazione femminile troppo basso che incide negativamente, anche sul livello PIL pro-capite troppo basso rispetto agli altri paesi.
Inoltre abbiamo un livello di natalità troppo basso e questo crea dei notevoli problemi di natura demografica, come quello di appesantire sempre di più una gestione adeguata delle pensioni future.
Sembra un controsenso, ma è proprio così. L’evidenza dimostra che non è vero che se la donna non lavora fa più figli. Se la donna che desidera avere figli non è supportata nell’essere una madre lavoratrice, cosa sceglierà di fare?
Di certo non sarà portata a diventare madre con più tranquillità perché nell’immaginario collettivo si crede che lei stia meglio a casa con i figli. Anzi.
Per non parlare di chi diventa madre e lotta per continuare a mantenere un reddito dignitoso (specialmente se da lavoro autonomo), ma deve scontrarsi con barriere burocratiche, finanziarie e culturali.
Ad esempio: è inaccettabile che una lavoratrice autonoma iscritta alla gestione separata INPS (che paga regolarmente le tasse) riceva l’indennità di 5 mesi di maternità obbligatoria suddivisa su 2 o 3 trimestri post partum solo dopo aver pagato le imposte INPS trimestrali.
Ci sono per cui casi in cui l’indennità di maternità arriva metà al 4° mese e metà al 7° mese di vita del neonato.
Evidentemente c’è qualcuno che è convinto che una neo mamma possa lavorare e produrre reddito come nulla fosse per i primi 4 mesi dopo il parto.
La direzione verso cui l’Italia sta andando in tema di empowerment femminile è sbagliata e va corretta.
A maggior ragione nel biennio 2020-2021 in cui abbiamo vissuto la criticità del COVID legata a tante sfere della nostra vita, in cui gli elementi di fragilità del sistema pregressi si sono ulteriormente aggravati.
È necessario quindi stabilire un impegno per garantire un empowerment femminile soprattutto economico e per riportare uguaglianza tra uomini e donne, rimuovendo gli ostacoli inibitori.
È anche corretto considerare che accudire i figli piccoli è insito nella fisiologia delle donne ed è importante che le famiglie siano sostenute in questo, così come è importante non additare ingiustamente le donne che serenamente decidono di dedicarsi di più alla famiglia.
Nota molto importante: stiamo parlando sia di garantire un diritto alle donne di equità sociale, sia di abilitare il mondo femminile a concorrere al bene comune come proprio dovere, come propria responsabilità. Solo grazie a questo diritto-dovere, è possibile restituire la vera libertà alle donne italiane.
Ecco allora che con il termine empowerment femminile possiamo indicare la riattivazione delle donne alla potenza, alla forza, sia per esercitare i propri diritti sia per contribuire al dovere di ogni cittadino di realizzazione del bene comune.
Quindi, è bene sottolineare che non stiamo parlando di promuovere un conflitto tra donne e uomini. Assolutamente no.
L’indipendenza economica femminile deve diventare un valore sociale condiviso come impegno e responsabilità tanto dalle donne quanto dagli uomini, per vivere insieme al meglio e con maggiore consapevolezza del potenziale di ognuno di noi.
Infine, è nostra responsabilità trasmettere tale valore anche alle generazioni future.